Onora il padre e la madre

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C'è un indovinello africano, che mi ha sempre fatto riflettere, e recita più o meno:

" Cos'è che si acquista a caro prezzo e con molto tempo,
che si offre gratuitamente e viene rifiutato?"

La risposta è "l'esperienza", quanto cioè oggetto, secondo un'interpretazione estensiva, del Comandamento del nostro appuntamento romano.
Il problema del tramandare sapere ed esperienza, della possibilità di rimanere tra generazioni in un rapporto di contenuti é dunque di antica data.

Oggi, però, le difficoltà che ostano questo processo di trasmissione sono oggettivamente aumentate.

In primis pensiamo alla velocità del cambiamento che interessa non più solo i rapporti intergenerazionali ma anche intragenerazionali. In una stessa fascia anagrafica, che potrebbe potenzialmente comporre una generazione, si producono distacchi esperienziali e cambiamenti valoriali ad una velocità tale che non consente neanche il tempo minimo necessario all'elaborazione e trasmissione. Il prezzo del rapido cambiamento diviene quantificabile in termini di dispersione di nozioni.
Come ha ricordato Beatrice Rangoni Machiavelli, la cui presenza ci ha lusingato, le nostre società non raccolgono più l'esperienza come un elemento da preservare. Un suo viaggio in Burkina Faso é in questo senso esemplificativo, laddove una giovane donna del posto che aveva avuto la possibilità di studiare alla Sorbona sollevava il problema, coniugandolo in termini di misura della civiltà di una comunità: " Voi venite qui ad insegnarci come dobbiamo fare, ma io posso giurare che non c'é in Africa nessuna tribù tanto incivile da trattare male gli anziani come fate voi, ghettizzandoli".

In secondo luogo, soprattutto chi fa politica deve porsi una domanda: siamo sicuri di aver realmente capito chi sono i nostri padri e madri da onorare? Vale ancora la nostra tradizione politica e, se sì, vale anche per i giovani?

La politica italiana è stata definita come post-ideologica: questo sembra valere in maniera abbastanza trasversale, tanto se si guarda alla Lega che se si guarda al PD, oppure allo stesso IdV che, all'interno del suo statuto, si definisce tale.
Ma il bisogno di ritornare ad almeno una famiglia politico-idologica c'è: tant'è che IdV a livello europeo da subito si colloca nella grande famiglia dell'ELDR e da lì non si smuove.
Abbiamo la sensazione di non avere più bisogno di madri e padri politici ma paghiamo per questo un caro prezzo: la solitudine diffusa, conseguenza del non rispetto di questo comandamento, conseguenza dell'interruzione di una catena che cementificava l'esperienza dell'uomo e fortificava  il suo stare a tutti i livelli, in tutte le dimensioni (affettiva, politica etc). Senza questa catena siamo più disorientati e forse più soli.
Quel che é auspicabile, comunque, non é solo un semplice ritornare alle proprie radici, ma il ritornare con una certa frequenza: chi fa politica dovrebbe riapprocciare  periodicamente ai maestri del pensiero politico italiano (o almeno a quelli che si ritengono di proprio riferimento).

Ritornare alle radici e tramandare esperienza, evitando un cortocircuito narrativo, non è operazione banale, non é qualcosa che dobbiamo fare solo per debito rispetto a chi ci ha dato la vita (da intendersi sempre in senso molteplice, come vita fisica, ma anche vita politica): é come onorare quello che ci appare di fronte uno specchio, onorare il padre e la madre significa onorare noi stessi.